Goya e la rivoluzione onirica (e tenebrosa) nata con la sordità

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Goya e la rivoluzione onirica (e tenebrosa) nata con la sordità

Raccontare l’arte di Goya coincide con un viaggio che, oltre alla sua vita come artista, chiede di guardare alla sua vita come uomo.

È un viaggio che inizia in modo leggero, ma che diventa sempre più profondo, intimo e mentale, via via che le sfide personali si affacciano nella sua vita.

Per questo l’arte di Goya è fra le più affascinanti della storia, perché è impossibile scindere le sue opere dalle sue emozioni, dal suo percepire il paese, le persone, i regnanti e la condizione sociale che lo circonda.

Francisco Goya nasce nel 1746 a Fuendetodos, un villaggio dell’Aragona vicino a Saragozza in Spagna.

A quattordici anni frequenta come apprendista lo studio del pittore José Luzán y Martínez a 

Saragozza, ma gli storici sono concordi nel definire come data di inizio della sua carriera artistica il 1763, quando comincia a lavorare nello studio dei fratelli pittori Francisco e Ramón Bayeu y Subias a Madrid.

È grazie all’intercessione di uno dei due fratelli, Francisco, che Goya fa il suo ingresso alla corte di Spagna, e comincia a lavorare agli arazzi nei laboratori reali.

Da quel momento Goya passa indenne attraverso quattro sovrani diversi e due rivoluzioni, in un periodo storico fra i più tumultuosi della storia di Spagna.

Raccontare la sua carriera artistica è entusiasmante, non solo per la meraviglia delle sue opere, ma perchè Goya ha vissuto degli eventi, due in particolare, che hanno segnato la sua produzione in modo indelebile.

Ai primi anni di attività appartengono infatti opere gioiose e spensierate, che attraverso colori fluidi raccontano episodi di vita mondana, come il celebre “Il parasole”, datato 1777.

Per altri 15 anni Goya vive come pittore di corte e trascorre una vita agiata, artisticamente orientata al rococò in vigore all’epoca.

Ma come mai i dipinti che più ricordiamo (e forse amiamo) di Goya sono così lontani dalla spensieratezza di questi anni?

È il 1792 quando Goya si ammala gravemente dopo un viaggio in Andalusia.

Si salva per miracolo, ma perde del tutto l’udito.

Da questo momento in poi, i suoi dipinti diventano cupi, onirici, talvolta spaventosi come nella serie di acqueforti Los Caprichos” del 1797, che contengono la celebre opera “Il sogno della ragione genera mostri”.

A quale corrente artistica appartiene Goya

Grazie a un estro creativo fuori dal comune e alla volontà di trasporre nelle sue opere le proprie emozioni, è complesso identificare a che corrente artistica appartiene Goya.

Se nei primi anni di lavoro il pittore si avvicina al rococò in voga al tempo, gli studiosi sono concordi nell’affermare che è stato un pioniere del genere romantico, o meglio un anticipatore del romanticismo.

Il romanticismo è la corrente artistica che promuove le passioni forti, come il sublime, inteso come un’emozione straripante, che nasce dal profondo del cuore e che può essere frutto di sentimenti intensi, spesso ispirati da una natura selvaggia e incontrollabile.

Goya anticipa quindi il romanticismo nella istintività delle sue creazioni e si contrappone nettamente al classicismo del tempo.

Ma ciò che rende unico Goya nel panorama artistico di tutti i tempi è il suo stile iper personale, definito da un realismo immediato da cogliere, così come da una libertà di espressione che per lui era irrinunciabile.

“Goya: follia e ragione all’alba della modernità” 

Ho avuto modo di vedere dal vivo le opere di Goya nel 2017, a Bagnacavallo (Ra), nella mostra “Goya: follia e ragione all’alba della modernità.”

Ho trovato il suo modo di rappresentare ancora molto attuale.

Mi hanno colpito molto le incisioni de “I disastri della guerra“; le immagini erano raccapriccianti, davvero molto forti e violente, e ciò che mi ha sconvolto, è stato rendermi conto della loro veridicità, del fatto che quei fatti orribili erano stati davvero compiuti.

La semplice crudezza di Goya era una crudezza onesta, non alterata da artificiositá di tipo patriottico, scene impostate alla ricerca del bello e dell’eroico, come volevano i ritratti dei generali e dei duelli del tempo.

Era, piuttosto, un documentarismo dal segno forte e tormentato, in alcuni punti confusionario, irrompente e arrabbiato.

La mia opera preferita in assoluto, già da quando l’avevo studiata sui libri per la prima volta alle superiori, e poi dal vivo proprio in quella mostra, è stata  “Il sonno della ragione genera mostri“. 

In realtà, il titolo in spagnolo può avere una duplice traduzione: “Il sogno della ragione genera mostri”, quindi il significato può essere ribaltato. 

In quel secolo in cui si credeva ciecamente nella ragione, Goya potrebbe aver voluto dire, sovversivamente, il contrario.

Una nota dell’opera, infatti, dice: “La fantasia senza ragione produce mostri impossibili, mentre se associata ad essa è all’origine dell’arte e della sua meraviglia”, il che implica una grande fiducia di fondo nell’immaginazione.

Cosa dipinge Goya?

Lo spartiacque della malattia che rende Goya sordo, segna un cambio radicale nei suoi soggetti e nel suo modo di dipingere.

Dalle leggere scene mondane di corte, Goya passa ad opere immortali come “I Capricci” di cui ho parlato qualche riga sopra, un ciclo di ottanta incisioni che ritraggono “la censura degli errori e dei vizi umani, delle stravaganze e follie comuni a tutte le società civili”.

Lo scopo di Goya è di portare alla luce le bassezze di cui la Spagna al tempo è pregna e questo coraggio gli costa l’ostilità dell’accademia e dell’inquisizione, che arrivano a chiedere il ritiro delle opere.

A questa serie, diventata iconica, Goya affianca due delle sue creazioni più famose ed enigmatiche “La Maja vestida” e “La Maja desnuda”, due ritratti gemelli datati tra 1800 e il 1803.

La seconda vicenda che segna la carriera artistica di Goya è la rivolta popolare antinapoleonica del 2 maggio 1808 e la seguente guerra di indipendenza.

Durante questi anni, Goya denuncia le terribili vicende con opere quali “Il colosso”, e il famosissimo ciclo dei “Disastri della guerra”.

Allontanato da corte, nel 1819 Goya si ritira in  una casa di campagna alla periferia di Madrid, battezzato dai locali Quinta del Sordo (quinta, in spagnolo, significa proprio casa di campagna).

Nelle intenzioni, quel luogo doveva riportarlo ai primi, sereni, anni di lavoro, ma si rivela subito essere una fucina di ossessioni, nonché una tela per il suo ciclo di pitture più oscure ed enigmatiche, le Pitture Nere”. 

Le Pitture Nere di Goya

Alla Quinta del Sordo, Goya decora le pareti con immagini spaventose: le famosissime “Pitture Nere” (Pinturas Negras).

Stregonerie, esorcismi, volti strani e deformati, animali sofferenti e soggetti mitologici iniziano a popolare le pareti della sua nuova casa.

Le scene sono allegoriche e i soggetti inquietanti, dipinti con colori foschi, spessi, fangosi e violenti.

Si tratta di quattordici opere di cui tutti si sono chiesti il significato e che, probabilmente, ispireranno tutti a chiederselo per sempre.

“Saturno che divora un figlio” raffigura ad esempio il dio cannibale che sta per mangiare un ragazzo, mentre Il cane interrato nella rena” mostra un cagnolino che sta per essere sommerso dalla sabbia e lotta per non soccombere.

L’uragano interiore delle Pitture nere è ancora oggi un mistero. 

Goya le dipinge ormai anziano, malato e disilluso sul suo paese, probabilmente tormentato dai suoi demoni interiori, tanto da rifletterli nel luogo dove vive.

In che anno Goya diventa sordo?

Goya diventa sordo nel 1792 e, come scritto, la malattia segna un immenso spartiacque artistico nelle sue opere.

Gli storici hanno definito la sordità di Goya come il punto di inizio di una rivoluzione, che lo ha portato a realizzare opere immortali e a raggiungere risultati eterni e traboccanti di passione.

Come per Beethoven e la sua sordità è interessante chiedersi se la malattia sia stata la spinta che ha portato Goya a dare il meglio di sé e a creare delle opere talmente meravigliose da restare immortali.

Ciò che è certo è che la disabilità non ha fermato l’artista, anzi, ha acceso la fiamma che lo ha spinto a creare opere immense e questo resta un punto su cui tutti siamo invitati a riflettere.

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