“Identità” e la realtà quotidiana fra due mondi
Amo molto la mia particolare e personale esperienza di vita, in cui mi trovo a metà fra due mondi: la mia identità si è costruita tra il mondo dei suoni e quello del silenzio.
Il mondo dei suoni è quello in cui mi relaziono con gli altri, ci parlo, li ascolto o ascolto la musica, il tutto attraverso l’ausilio degli apparecchi acustici.
Il mondo dei silenzi è quello in cui sto senza apparecchi, per esempio quando voglio dormire, riflettere, staccare la spina dallo stress dei suoni, essere me stessa con le mie capacità istintive e naturali.
Identità tra la disabilità e la sordità
L’identità è in continua mutazione e continua a mutare per tutta la vita, mentre cambiamo noi cambia anche lei.
Di sicuro la ricerca dell’identità di una persona disabile è complessa, perché il tema dell’identità è collegato alla possibilità, spesso preclusa nella nostra società, di essere persona e del riconoscimento come soggetto con diritti facente parte al pari degli altri di una cittadinanza.
La costruzione dell’identità di una persona sorda è anch’essa una storia complessa. Considerando che la percezione dell’Io viene data anche dal confronto con gli altri, capire qual è il proprio posto nel mondo, quando molte possibilità di confronto rispetto ad altri sono precluse, è difficile.
E non è solo questione di parità: anche quando le relazioni sociali sono circoscritte ad uno solo dei due mondi, per esempio in quei casi in cui la persona sorda cresce in un contesto formato principalmente solo di sordi o solo di udenti.
Identità: cosa rappresenta questo quadro
Sul tema dell’identità in relazione alla sordità, ho realizzato un quadro che trasferisce sottoforma di immagine una delle tante mie riflessioni, in questo caso inerenti all’utilizzo della tecnologia, che io amo e senza la quale avrei avuto precluse tante esperienze, ma che secondo me rischia di presentare un rovescio della medaglia, come racconto nel capitolo successivo.
In questo quadro ho rappresentato su uno sfondo nero e lucido 5 uomini nudi dal corpo umano ma dall’aspetto robotico: tutti questi umanoidi non indossano abiti ma impianti cocleari, la muscolatura è definita, le teste non hanno capelli. Camminano tutti nella stessa direzione, non si sa dove sono diretti; lo sguardo è fisso davanti a sé, come soldati. Solo uno di loro si gira fissando lo spettatore e mostra occhi robotici che sembrano fessure vuote e luminose.
Il piano su cui camminano è immaginario, e non esiste altro elemento sullo sfondo, nessuna ambientazione.
Come tecnica ho usato i colori acrilici, il nero per lo sfondo e l’oro per dipingere le figure; la foglia di oro zecchino l’ho usata per mettere in evidenza gli impianti cocleari. Per finire e rendere l’atmosfera più irreale e avveniristica, ho rifinito il quadro con della vernice protettiva lucida.
Identità: un messaggio forte per il mondo
In questa tela ho buttato le mie emozioni contrastanti ed istintive, le mie domande senza risposta e senza pretesa di risposta. Restano interrogativi a cui ognuno può dare la propria interpretazione.
Le mie riflessioni riguardano l’importanza della tecnologia e del progresso che permettono a noi sordi di relazionarci meglio con il resto del mondo, ma che nel frattempo possono determinare anche uno schiacciamento del proprio sé, della propria identità e della propria natura.
- Dove andremo se saremo tutti uguali, tutti prestanti uguali?
- Che mete raggiungeremo se ogni difetto o caratteristica saranno corretti per uniformarsi agli altri?
- Che ne sarà della nostra unicità? Sembreremo un popolo di robot tutti uguali e senza sapore, senza identità?
- Saremo un popolo interessante tutti perfetti in ogni meccanismo di funzionamento del nostro corpo e della nostra mente?
- La tecnologia può essere un sopporto per affrontare le difficoltà senza farci perdere di vista le nostre vere identità?
- In quale misura i problemi fisici sono da correggere e in quale misura si dovrebbe invece fare di più nella società attuale, per rendere tutto accessibile a tutti?
- In quale misura il nostro corpo va spinto ad arrivare alle prestazioni di un udente, e in quale misura va conservata la componente sorda in ognuno di noi?
Di un particolare mi accorgo solo adesso, dopo alcuni anni che l’ho dipinto: in questo quadro ogni umanoide ha le orecchie bioniche ma nessuno ha gli occhi: che avendo le orecchie bioniche abbiano smesso di vedere e utilizzare il senso della vista, così sviluppato per chi non sente bene?